Con 523 milioni di dischi nel mondo si posiziona alle spalle del mito Elvis Presley e dei baronetti di Liverpool, i Beatles. Un risultato che inorgoglisce l’Italia e che viene ulteriormente impreziosito dal recente master ad honorem in Editoria e produzione musicale che la Iulm di Milano ha conferito a Giulio Rapetti Mogol. Insieme con Gianmarco Carroccia in questi mesi porta in giro per il Paese “Emozioni, la mia vita in canzone…”, una serie di concerti narrati per raccontare il mito di Lucio Battisti. Le tappe in programma in Sicilia sono il 27 novembre al Teatro Metropolitan di Catania e il 28 novembre al Teatro Golden di Palermo. Due eventi unici in cui saranno accompagnati da una band composta da Marco Cataldi (arrangiamenti e chitarre), Alessandro Patti (basso), Bruno D’ambrosio (batteria e percussioni), Dario Troisi (pianoforte e synth), Christian Vilona (sax, flauto e voci) e Michele Campo (violino).
La Sicilia vista da Mogol
“La Sicilia – racconta Mogol a Be Sicily Mag – l’ho visitata in lungo e in largo e, ogni volta che ci vado, cerco di scovare qualche paese dove non sono ancora stato. Trovo luoghi incantevoli e cibo squisito. Ma non sto dicendo nulla di nuovo. Chi ci viene lo sa. È una terra che conosco attraverso i siciliani, soprattutto gli amici, quelli veri. Tra questi Giuseppe Barbera, pianista di livello internazionale, e Giuseppe Anastasi, entrambi ex allievi del Cet e oggi docenti nella stessa accademia. Ricordo che proprio ad Anastasi offrii una borsa di studio grazie alla lettera che mi inviò sua nonna, persona oltremodo garbata ed elegante. Giuseppe, dal canto suo, si distinse come pochissimi altri. Ha composto una canzone intitolata Trinacria dedicata alla Sicilia, ed è una meraviglia. Nel testo si fa riferimento alle invasioni che questa terra ha subito nell’arco dei secoli e che oggi, paradossalmente, sono diventate ricchezza, cultura, tradizioni di un popolo, quello siciliano, che ha la caratteristica di essere appassionato. Ecco, la prima parola che mi viene in mente quando ripenso alla Sicilia è passione”.
Un fuoco che brucia nelle vene e si fa intelligenza, prontezza di
spirito, accoglienza e soprattutto calore: “Ne ho avuto un ulteriore testimonianza proprio qualche tempo fa a Zafferana Etnea, dove insieme con Gianmarco Carroccia portavamo in scena lo spettacolo Emozioni con i successi intramontabili di Battisti. Non c’è niente da fare, il calore siciliano è unico: la gente in piedi, che non la smetteva di applaudire, cantare, e gridare bis a gran voce. Un’esperienza clamorosa, che porto nel cuore, con le persone che non volevano rassegnarsi ad andare a dormire. E per me questa è la più grande soddisfazione”.
E su Gianmarco Carroccia: “Ormai riscuote ovunque un successo incredibile perché è molto bravo e canta con la stessa sensibilità che aveva Lucio Battisti. La sua è la cosiddetta interpretazione perfetta, accompagnandosi ad una band che rifà tutti gli arrangiamenti originali. Lo spettacolo nello spettacolo è vedere come canta la gente, la vera protagonista”.
Lo spettacolo “Emozioni, la mia vita in canzone…”
L’idea dello spettacolo “Emozioni, la mia vita in canzone…” nasce dunque dal suo ex allievo: “Devo ammettere che non conoscevo Gianmarco di persona, nonostante lui si fosse diplomato al Cet. Mi fu segnalato dall’impresario della scuola, in occasione di una serata a Sperlonga (in provincia di Latina, ndr). Andai lì e ci trovai questo ragazzo che cantava già accompagnato da un’orchestra importante. C’erano oltre tremila persone ad assistere al suo concerto. Da lì mi resi conto del suo talento e cominciai a collaborare con lui”.
È uno degli oltre tremila diplomati al Centro europeo di Toscolano, un’esperienza che parte nel 1992: “A quell’epoca il Cet non era stato ancora ultimato. Facevamo i corsi al palazzo Cesi di Acquasparta (in provincia di Terni, ndr), un edificio del Cinquecento affidatoci in comodato d’uso gratuito dall’università di Perugia. Una volta sparsa la notizia della nostra scuola, fui poi invitato a fare lezione al Berklee College of Music di Boston e all’Harvard University di Cambridge in Massachusetts. Entrambe le università hanno ritenuto la nostra didattica molto avanzata. Premetto che il Cet è un’associazione no-profit – continua Mogol – e, con il ricavato dei miei diritti d’autore, ho sanato gli eventuali passivi. In oltre trent’anni di lavoro, ho sostenuto la scuola in tutti i modi, investendo ogni centesimo di quello che ho guadagnato nella vita. Decisi di aprirla per un forte senso di responsabilità verso il mio Paese: avevo come l’impressione che la cultura popolare stesse entrando in recessione. Così, volendo dare una risposta concreta, ho creato una suola che permettesse di ovviare a quel ristagno”.
Le canzoni di ieri e quelle di oggi per Mogol
L’arma vincente di Mogol è e rimane la qualità delle canzoni: quando la gente
si appassiona, le impara a memoria, le canta, le tramanda in famiglia ed
entrano a far parte della vita. E sui testi di oggi: “Appartengo alla schiera degli autori e non mi sento di emettere dei giudizi nei confronti della mia categoria. Però c’è un’innegabile evidenza rispetto alle canzoni scritte, ad esempio, con Mario Lavezzi e Lucio Battisti, solo per citare un paio di nomi. Canzoni trasversali a diverse generazioni e ancora presenti e vive nel nostro Paese. Ecco, mi pare che oggi lo stesso risultato non sia facile da ripetere”.
Mogol cantava Io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti, il più bello era
nero coi fiori non ancora appassiti: “I giardini di marzo, Pensieri e parole, così come altre canzoni, raccontano vicende realmente vissute. Durante gli spettacoli mi capita di svelare cosa si nasconda dietro alcuni testi e così il pubblico finalmente capisce perché parlo di un amore israelita e di due occhi sbarrati che mi han detto bugiardo è finita. La gente sa riconoscere quando uno scrive per esigenze di marketing o quando lo fa per raccontare la vita. E raccontare la vita credo sia stata la scelta che mi ha portato fortuna”.