sabato | 29 Giugno | 2024
Melita Ricciardi
Melita Ricciardi
Psicologa-Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, esperta in Psicotraumatologia e Disaster Management

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Attacchi di panico, sintomi e cosa fare per gestirli: i consigli della psicologa

Attacchi di panico, come riconoscerli e cosa fare per evitarli: i consigli della psicologa per non diventare succubi della paura

Melita Ricciardi
Melita Ricciardi
Psicologa-Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, esperta in Psicotraumatologia e Disaster Management

La paura e l’ansia sono emozioni primarie, che ci proteggono e ci consentono di decodificare la realtà rispetto a una minaccia esterna. Il cervello attraverso la paura inizia a operare secondo modalità più arcaiche, più funzionali alla sopravvivenza. Se un soggetto si ‘blocca’, ed è incapace di dare un nome a ciò che prova, non è in grado né di agire cognitivamente sull’emozione, né di poterla gestire e indirizzare. La persona in altri termini non riesce a dare delle risposte comportamentali adeguate agli stimoli ansiogeni, al punto che l’apprensione catastrofica di un pericolo imminente si può trasformare in una paralisi psicomotoria che la rende incapace di reagire. È così che nascono gli attacchi di panico.

Cosa sono gli attacchi di panico: i sintomi

Gli attacchi di panico rientrano nei disturbi d’ansia descritti nel manuale dei disturbi mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e insieme al disturbo d’ansia generalizzato (DAG) rappresenta la manifestazione più frequente osservabile nella popolazione. Uno studio a livello mondiale condotto dal World Mental Health Surveys – che ha coinvolto 142.949 persone provenienti da 25 Paesi in tutto il mondo, di età pari o superiore a 18 anni – ha evidenziato una prevalenza una tantum di attacco di panico nel 13,2% del campione. Si stima che circa 10 milioni di italiani abbiano sviluppato almeno una volta l’esperienza, mentre oltre 2 milioni e mezzo di persone mostrano una vera e propria patologia.

L’attacco di panico si può manifestare infatti con attacchi ripetuti, è caratterizzato da una paura pervasiva immotivata e raggiunge la massima intensità nel tempo di pochi minuti ad un’ora. Diverse persone possono sperimentarlo nella vita. La sintomatologia non è pericolosa una volta escluse le valutazioni mediche riguardo quelle componenti organiche patologiche che possono simulare l’ansia. La diagnosi si basa su diversi criteri clinici, in particolare si conferma il disturbo quando si presentano almeno 4 dei sintomi sotto elencati:

  • palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia;
  • sensazioni di sbandamento, di instabilità o di svenimento;
  • tremori e spasmi muscolari;
  • parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio);
  • derealizzazione (sensazioni di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi);
  • iperventilazione, dispnea o sensazione di soffocamento;
  • nausea o disturbi addominali;
  • sudorazione;
  • paura di morire, di perdere il controllo o di impazzire.

Di solito il disturbo di panico esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, in particolare tra i 15 ed i 35 anni, in media 25 anni. Anche se può esordire sia nell’infanzia che dopo i 40 anni. A soffrire di attacchi di panico sarebbero più le donne che gli uomini.

Le cause degli attacchi di panico e le conseguenze

Soffrire di un disturbo di panico comporta un certo numero di limitazioni a casa (26,9%), a lavoro (30,8%), nelle relazioni (26,9%) e nei contesti sociali (30,5%). I soggetti che soffrono di attacchi di panico sono succubi della paura. A volte può essere un’emozione non agita, un senso di impotenza, una sensazione di insofferenza o di apatia; il risultato di un desiderio non avvenuto, di un obiettivo non realizzato. Il primo campanello di allarme è l’ansia, seguito dalla sensazione di sentirsi intrappolati nel disagio.

L’attacco si può presentare quando la persona si trova già in uno stato di ansia, sia quando è in condizioni di quiete. Tale differenza permette di distinguere gli attacchi in attesi o inaspettati (ad esempio gli attacchi di panico notturni). In questi casi il soggetto non riconosce il panico e cresce la convinzione irrazionale che stia per accadere l’irreparabile. Il risultato è la frequente richiesta di visite ospedaliere a causa del timore di un arresto cardiocircolatorio o perché si pensa di impazzire.

Una condizione comune tra chi soffre di attacchi di panico notturni è la maggiore produzione di adrenalina e di cortisolo da parte dell’organismo, a causa dello stato di allerta continua, ciò innesca un peggioramento generale della qualità del sonno fino a provocare nel soggetto un’insonnia grave.

attacchi di panico notturni - Be Sicily Mag

Attacchi di panico, i trattamenti per gestirli

Per sradicare i pensieri ansiogeni e sconfiggere la paura tipica degli attacchi di panico, alcuni dei migliori trattamenti evidence-based, di efficacia comprovata, sono: la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), la farmacoterapia, le tecniche di rilassamento e l’EMDR. L’applicazione delle prospettive teoriche e delle metodologie di intervento tipiche della psicoterapia cognitivo-comportamentale, in quanto centrata sulla promozione del benessere soggettivo, risultano essere innovative riguardo il superamento dei sintomi. Esse bloccano l’insorgenza degli attacchi e riducono l’ansia anticipatoria. Più dell’80% delle persone supera gli attacchi di panico dopo 6-8 settimane. La durata di una psicoterapia è variabile, dipende dalla situazione clinica del soggetto e dal suo impegno nell’utilizzare le strategie concordate con il terapeuta. A volte è possibile anche valutare per la sintomatologia un abbinamento tra la CBT e la terapia farmacologica.

Altre tecniche che permettono di educare il paziente a gestire l‘ansia e le paure associate sono: la mindfulness, le tecniche di rilassamento basate sulla respirazione lenta e controllata, il training autogeno o il training di rilassamento di Jacobson. Anche l’esposizione graduale in immaginazione o in vivo sono tecniche della psicoterapia cognitivo-comportamentale: predispongono il soggetto alla consapevolezza che “il panico è un errore cognitivo” e che si è succubi della distorsione della realtà (ad esempio la paura di svenire).

Attacchi di panico, quando rivolgersi a un professionista?

Se gli attacchi sono isolati non è necessario alcun trattamento. Nel caso in cui però la situazione si ripeta e risulti più preoccupante, è necessario intervenire. Ecco quando è consigliato rivolgersi ad un professionista:

  • Se il panico diventa invalidante e prevale l’evitamento;
  • Se prevale l’incapacità di gestire lo stress e non riuscire a trovare il tempo per se stessi;
  • Se le sensazioni fisiche diventano croniche e si ignora lo sconvolgimento biochimico e muscolare di sovraccarico emotivo;
  • Se dopo un mese prevale l’insonnia e si hanno incubi catastrofici;
  • Se non si è in grado di riconoscere il confine tra realtà interna e realtà esterna;
  • Se il soggetto non riesce ad attivare la decompressione e il coping (cioè la possibilità di fronteggiare lo stimolo disfunzionale);
  • Se non si è coscienti del proprio dialogo interiore che alimenta il circuito “della paura della paura”.
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