Si è conclusa a fine aprile la prima esperienza di “Residenze d’artista” presso la Tenuta Rasocolmo, a Messina. Il progetto, legato alle arti visive, nasce dalla collaborazione tra il titolare della struttura Francesco Reitano e la curatrice e storica d’arte Mariateresa Zagone. L’obiettivo principale è quello di accogliere gli artisti e stimolare la produzione di opere estremamente connesse alla natura e il territorio. Non soltanto con esposizioni, ma anche con incontri con esperti sulla storia, sulle specificità culturali, antropologiche, botaniche e geologiche del territorio sulla costa tirrenica.
Gli artisti sono quindi chiamati a produrre un’opera unica e studiata per la Tenuta Rasocolmo, seguendo un approccio denominato site-specific. Il bando per “Residenze d’artista” si è concluso a dicembre 2023, ricevendo domande da tutte le regioni d’Italia e da alcuni paesi esteri. La giuria composta da Francesco Reitano, Mariateresa Zagone e Roberta Guarnera (gallerista) ha esaminato i progetti pervenuti e scelto i vincitori per l’anno in corso. Il primo è l’artista palermitano Giovanni Lo Verso, il quale ha parlato del suo progetto a Be Sicily Mag.
Giovanni Lo Verso e il legame con la sua terra
Giovanni Lo Verso si è detto onorato di aver partecipato e vinto “Residenze di artista” e ha raccontato la sua opera proprio a partire dal luogo che l’ha ispirata: “Parliamo di un luogo ricco di energia e a contatto diretto con tutti gli elementi. Il mio è un lavoro proprio su questo, sugli elementi naturali: terra, acqua e luce”.
A tal proposito, non manca di sottolineare il legame profondo con le radici e quindi con l’intera Sicilia, dalla sua Palermo a Messina, che, oltre ad essere teatro del progetto, lo riporta ad esperienze vissute durante l’infanzia e al ricordo della nonna. “Le mie opere sono sempre inevitabilmente influenzate dal luogo in cui vivo e dagli stimoli che ne traggo. La mia ricerca è sempre stata legata al territorio, per cui per me è stato un vantaggio ragionare su questo concetto”.
Alla Tenuta Rasocolmo, in particolare, Giovanni Lo Verso ha ritrovato le caratteristiche tipiche della sua arte. “Sono tutti elementi presenti in questo luogo che ho avuto il piacere di conoscere per la prima volta e dal quale sono rimasto particolarmente colpito. C’è un’energia tipica di Messina che ha che fare con la forza del mare e il rapporto con le isole”. Un’energia familiare, che ricorda le sue vacanze da bambino. “Mancavo ormai da tanti anni”, racconta. “Uno dei motivi che hanno contribuito a farmi partecipare è stato proprio la volontà di tornare e lasciare una testimonianza sul territorio”.
“Thalat”, l’opera tra passato e presente
Le idee di Giovanni Lo Verso hanno preso forma in un’opera concettuale articolata su tre elementi che rimandano alle tre punte della Sicilia. Adagiati direttamente sul terreno, questi si sviluppano in verticale, come se germogliassero. Una scelta che rappresenta “la volontà di riemergere, risorgere dalla terra stessa”. È da questo concetto che deriva anche il nome dell’installazione: “Thalat“, che viene dall’arabo e significa proprio “rinascita”.
“L’opera si fa anche testimonianza attiva del legame con le radici arabe, quindi il passato. C’è poi anche testimonianza del presente, attraverso il dialogo con la luce e l’approvvigionamento con i pannelli solari”. I tre elementi infatti sono stati progettati per ospitare dei piccoli pannelli solari che durante il giorno accumulano l’energia del sole siciliano per poi restituirla la sera, attraverso delle fenditure verticali che l’artista descrive come “cicatrici sulla materia”. Tornano quindi il concetto di energia, tanto caro all’artista. Ad unire ancora di più l’opera alla natura c’è poi in programma una sorta di fusione con l’ambiente circostante, favorita da una particolare lavorazione dei materiali.
L’esperienza nel campo della scenografia e la conoscenza delle tecniche per Giovanni Lo Verso è stata fondamentale. “In questo caso ho usato delle resine plastiche fibrorinforzate, trattate con velature di ossidi minerali naturali. Questo con l’intenzione di sviluppare una simbiosi con il luogo attraverso la formazione di elementi naturali come muschi e licheni”. La lavorazione ha infatti reso i materiali estremamente porosi. Un’idea che rende l’installazione ancora più interessante e fa sì che possa solo arricchirsi nel tempo, assumendo ancora di più quell’aspetto di natura che risorge da se stessa a cui l’artista puntava, oltre, naturalmente, a sposare alla perfezione i requisiti di specificità richiesti dal bando iniziale.
L’artista ci ha tenuto a sottolineare il rispetto per l’ambiente dietro alla sua opera. “Il luogo è appropriato anche perché la cantina che ci ha ospitato produce vini sforzandosi di farlo attraverso una forma non invasiva per il territorio. Questo abbinamento tra natura, produttività umana e arte – ha concluso – è un aspetto da non sottovalutare. Mi ha colpito e penso che di questi esempi dovrebbero essercene molti di più”.