Ceramica, gioielli, borse, accessori, ricami, sartoria, tappeti, dipinti e foto artistiche, serigrafie non seriali su carta, cartone, legno, cotone, lino ed altri supporti. Sono solo alcuni dei manufatti, rigorosamente pezzi unici nati dall’estro degli artigiani palermitani che negli ultimi 10 anni hanno trasformato con i loro laboratori la mappa del centro storico cittadino, ripopolandolo e riqualificandolo. Così che oggi ci sono a Palermo almeno un’ottantina di botteghe che si presentano anche vicine in “cluster” ovvero in concentrazioni di attività economiche in gruppi di industrie correlate, site in una località specifica e unite da molteplici legami. Attività che sono nate nella scuderia targata Alab (“Associazione Liberi Artigiani Artisti Balarm) che a partire dal 2010 ha promosso la nascita di botteghe artigianali e in tutta la Sicilia ne conta circa 300. “Operiamo sulla base di una legge nazionale – spiega il presidente di Alab Pietro Muratore – per definizione, l’ artigiano è chi per almeno il 70 per cento crea con le proprie mani e produce oggetti unici, senza utilizzare l’assemblaggio. L’artigiano inoltre rispetta l’ambiente, usa ad esempio colorazioni naturali senza sostanze chimiche e non può superare una determinata soglia di reddito, altrimenti diventa un imprenditore con partita Iva”. In alcune zone di Palermo, l’avvento delle botteghe artigiane ha portato al restyling di vicoli e piazze. Piazza Aragona ad esempio è diventata pedonale, grazie ad una petizione avviata dagli stessi artigiani e contro la resistenza dei residenti. “A partire dal 2017, abbiamo organizzato – dice Muratore – una serie di iniziative come concerti improvvisati dal balcone di un’azienda storica, poi la Festa della Befana con sorteggi e una sfilata di moda. E i residenti si sono resi conto che la piazza così era più vivibile. Anche in via Divisi, ci siamo mossi per ottenere la pedonalizzazione”.
Racconta Elena Gambino che con Fabrizio Lisciandrello gestisce il marchio di accessori in cuoio “Elena e Fabrizio Handmade” in piazza Aragona: “Abbiamo cominciato con i mercati nel 2011. Nel 2012 siamo venuti in piazza: allora era un parcheggio. Nel 2015 abbiamo cominciato a pensare alla pedonalizzazione. Realizziamo borse, accessori e sandali” Negli spazi del laboratorio che è stato chiamato “Ciatu”, trovano spazio anche altri brand di artigiani associati: Claudia Di Leonardo con il marchio Calu, artista che firma quadri con diverse tecniche, Antonella Pillitteri ed il suo Menabò, fondato per preservare l’antica arte della rilegatura, i gioielli in ottone e pietre di Tania D’Emma (D’). Ma quali sono le zone dove insistono queste concentrazioni di attività artigiane? A Ballarò ce ne sono sette, di cui tre in via porta di Castro e quattro vicino a casa Professa, a piazza Croce dei Vespri uno. Poi, due a piazza Sant’Anna, quattro in via discesa dei Giudici, otto in corso Vittorio Emanuele, due in via dell’Orologio, due in via Quattro Aprile, due in via Divisi (dove c’è anche la sede dell’associazione), in via Aragona oltre ad un’attività già esistente tra poco aprirà anche un laboratorio di scultura.
In via Alloro ce ne sono sette, in via Paternostro cinque, a piazza Aragona ci sono cinque laboratori: Insimulab, Kasuarte, Laboriuso, Fuoripiombo, Ciatu. In corso Vittorio Emanuele, Kaleido, Officina di cucito creativo di Antonella Cataldo e Anna De Grandis, raggruppa almeno 14 espositori. “All’interno di ogni laboratorio più grande – dice Muratore – ci sono da uno a 4 responsabili che decidono di ospitare altri espositori, soci Alab, nell’ottica della solidarietà e delle sinergie. E’ anche un modo per abbattere i costi di gestione. In via Porta di Castro, anche Ballar’art riunisce più espositori”. “La cosa bella è che varie realtà rendono la zona in cui stiamo più vivibile – dice Simona Giorlando, nel direttivo di Alab e uno dei responsabili di Insimulab in piazza Aragona – l’associazione ci ha permesso di prendere in affitto magazzini che in alternativa sarebbero rimasti chiusi. Il nostro presidente ha fatto da garante, in un periodo in cui l’artigianato a Palermo non era conosciuto e rischiava di sparire. Insimulab è un marchio e un laboratorio molto grande di 110 metri quadrati che comprende il mio lavoro e quello della socia Valeria Arena: produciamo gioielli in ottone, argento, rame, alpacca anche utilizzando la tecnica millenaria della fusione a cera persa. Nel laboratorio ci sono in esposizione i manufatti di Davide Calafato con il marchio “RhìZai” che lavora la ceramica raku e poi il brand di ricami di Giulia Massa “La green”.
Davide però non produce nel laboratorio ma vi organizza anche corsi di ceramica. In questa maniera, ci dividiamo i costi fissi del laboratorio. All’interno di Insimulab ci sono altri espositori che non utilizzano il laboratorio e sono soci Alab, lasciando un contributo associativo. Lavoriamo manualmente e per questo curiamo la qualità e l’esclusività dei nostri prodotti”.
Tanti sono i turisti che sono attratti dai “cluster” e dalle loro creazioni e alcuni amano acquistare questi pezzi unici. Chi non può portarli con sé, se li fa spedire. “Abbiamo inviato anche quadri in Australia e negli Stati Uniti”– chiosa Muratore – c’è chi come Studiomud in via Alloro da una piccola bottega si è trasformata in una grande realtà imprenditoriale e adesso organizza corsi di ceramica per palermitani e stranieri”.
di Isabella Napoli
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